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La Genealogia di Nietzsche

Ultimo Aggiornamento: 15/03/2009 13:06
OFFLINE
Post: 19
Città: SANTA SOFIA
Età: 34
Sesso: Maschile
Vice Amministratore
13/03/2009 12:15

Nel suo significato più ampio, il progetto di Nietzsche consiste nella introduzione dei concetti di senso e di valore in filosofia. Da un lato i valori sembrano o si fanno passare per principi, dall'altro, se si va più a fondo, sono i valori stessi a presupporre valutazioni da cui proviene il loro stesso valore.
Il problema critico sta nel valore dei valori, nella valutazione della quale deriva il loro valore; è il problema della loro creazione.
Le valutazioni non sono valori, ma modi di essere da parte di chi giudica e valuta, fungono così da principi a quei valori in base a cui si giudica. Questo spiega perché le convinzioni, i sentimenti, i pensieri che abbiamo, siano sempre frutto del nostro modo di essere o del nostro stile di vita. Esempio: nel dire "vi sono cose che non si potrebbero mai dire se non si pensasse bassamente" troviamo l'essenziale: il nobile e il vile, il buono e il cattivo non sono valori, ma rappresentano l'elemento differenziale da cui deriva il valore dei valori stessi.

La genealogia di Nietzsche è una filosofia critica che presenta due momenti: ricondurre ogni cosa a dei valori, ma anche ricondurre i valori alla loro origine.
Questo implica una duplice lotta da parte di Nietzsche, sia contro coloro i quali sottraggono i valori alla critica, quelli che chiama "gli operai della filosofia", tipo Kant e Schopenhauer, sia contro chi ritiene i valori derivati da presunti fatti oggettivi.
Nietzsche formula il nuovo concetto di genealogia, ossia valore dell'origine e al tempo stesso origine dei valori. E' quella che Nietzsche chiama "fare filosofia a colpi di martello", che è quanto di più positivo ci sia in quanto non vi è mai critica dei valori senza anche esserci un elemento positivo di creazione.
Analogamente, non troveremo mai il senso di una cosa se non sappiamo quale sia la forza che la governa. Occorre tuttavia essere consapevoli che il senso di un medesimo oggetto si modifica a seconda della forza che se ne appropria.

Per comprendere a fondo i significati di senso e di valore che la società utilizza, occorre contrapporre la visione tragica del mondi di Nietzsche a tre altre visioni, ossia a quei tre modi di essere che hanno portato alla morte della tragedia: quella dialettica di Socrate, quella del cristianesimo e quella della dialettica moderna e di Wagner.
Anche se nell'età matura Nietzsche dirà che la Nascita della tragedia "ha un ripugnante odore hegeliano", è da questa difficile opera che occorre partire. In questa opera viene esaminata la contraddizione tra vita e sofferenza: la vita ha bisogno di essere riscattata dalla sofferenza secondo la logica cristiana della redenzione.
Questa contrapposizione si riflette nell'antagonismo tra Dionisio e Apollo, Apollo crea la bella apparenza che fa scomparire il dolore, Dionisio trasforma il dolore in piacere. Dionisio e Apollo non sono in contraddizione, ma rappresentano due modi diversi di risolvere una questione. La tragedia è conciliazione, alleanza dominata da Dionisio che nella tragedia esprime la profondità del tragico. Le sofferenze vengono riassorbite nel piacere dell'essere originario.
Questo schema fa presupporre il sopraggiungere di elementi nuovi, infatti la vera contrapposizione non è quella tra Dionisio e Apollo, ma quella tra Dionisio e Socrate.

Socrate è il primo rappresentante della decadenza, colui che concepisce che la vita debba essere giudicata, giustificata e riscattata. E' Socrate l'unico vero avversario dell'uomo tragico. L'idea di Socrate è fatta propria e rafforzata dal cristianesimo, in un passaggio che porta dal dualismo Dionisio-Apollo, a Dionisio-Socrate e infine a Dionisio-Crocifisso.
Sarà proprio il cristianesimo a non essere né apollineo né dionisiaco in quanto esso nega tutti i valori estetici, esso è nichilismo.
Dionisio giustifica e afferma la sofferenza, per Cristo la sofferenza mette la vita sotto accusa. Per il cristianesimo il fatto che vi sia sofferenza significa che la vita non è giusta ed è per questo che espia con la sofferenza. Ciò implica che essa deve essere riscattata dalla sua ingiustizia e salvata dalla sofferenza. Questi due aspetti costituiscono per Nietzsche la "cattiva coscienza" o l'interiorizzazione del dolore. Essi delineano il nichilismo cristiano, il modo in cui cioè il cristianesimo nega la vita: da una parte questa perversa macchina che produce colpevolezza, l'orribile equazione dolore-castigo, dall'altra la macchina che moltiplica il dolore e che ne gestisce la redenzione. Immonda officina... il cristianesimo ama la vita come il rapace ama l'agnello: tenera, mutilata, morente. (Genealogia della morale "Sulla fabbricazione degli ideali" I, par. 14)

Tutto questo spiega il significato che si dà ai valori e al loro senso nella società dominata dal cristianesimo, in una società che non si è mai posta il problema della loro genealogia.
Anche il senso primo, il senso dell'esistenza, è stato interpretato sempre dal punto di vista della cattiva coscienza secondo quella ispirazione cristiana dalla quale nessuna filosofia prima di Nietzsche è riuscita a svincolarsi. La sofferenza è stata usata come mezzo per dimostrare l'ingiustizia dell'esistenza in modo da poter trovare una giustificazione divina: l'esistenza è stata ridotta dal cristianesimo a fenomeno morale e religioso.
Dunque è nel risentimento e nella cattiva coscienza che va collocata ogni categoria del pensiero semitico e cristiano, il nostro modo di pensare e di interpretare l'esistenza.
OFFLINE
Post: 17
Città: TARANTO
Età: 33
Sesso: Maschile
Amministratore Unico
15/03/2009 13:01

Intervento davvero molto interessante amico mio, sebbene, non avendo io alcuna cognizione della filosofia di Nietzsche, non abbia gli strumenti dialettici adeguati per una seria e approfondita analisi della questione in oggetto.

Tuttavia, posso dire, dalla mia posizione, quanto interessante possa essere la questione, poichè, da quel che ho capito, mette in luce una prospettiva che mai prima era stata esplorata dalla società occidentale, impregnata com'era nel suo vagheggiamento cristiano: la genealogia dei valori, dunque, metterebbe a nudo un qualcosa che scuoterebbe dalle fondamenta la visione ebraico-cristiana della vita, che, non possedendo alcuna cognizione obiettiva dei valori estetici e soprattutto tragici connessi alla visione dionisiaca (e quindi l'equazione-conversione universale tragedia/vita), si oppone fermamente a tale visione.

Tutto questo in un contesto in cui Nietzsche (mi baso sulle tue parole) afferma che il Cristianesimo è addirittura "nichilismo"... un'affermazione piuttosto pesante, a mio parere, ma che, evidentemente, dalla sua posizione, e in quanto egli tentava di risalire all'origine dei valori e al loro vero valore nella società, negando quindi in blocco la visione ebraico-cristiana, aveva certamente una sua ragione d'essere. Mi fermo qui perchè, ripeto, non ho gli strumenti adeguati per continuare, ma certamente questa visione ha un suo particolare modo d'essere e, quindi, esercita non solo una certa pressione psicologica, ma anche e soprattutto distrugge le certezze di chi, per secoli, aveva creduto in qualcosa come valore assoluto senza mai chiedersene la ragione esistenziale e il valore di tale ragione.

Come sempre, nonostante le visioni del mondo e della ragione della nostra esistenza e del nostro fine ultimo sono molteplici, e sono molteplici anche le soluzioni proposte, quello che è veramente l'uomo non muta per niente: un essere pieno di pomposità morale che, pur di opprimere il prossimo a proprio vantaggio, trae la propria forza da un qualcosa che egli ritiene giusto, ma che, a conti fatti, sprofonda nel nulla, il nulla da cui tutti noi proveniamo e in cui, giunta l'ora, tutti noi torneremo. Questo nulla può essere interpretato, difeso, confutato e giustificato in vario modo, ma la sostanza del problema certo non subirà mutamenti; perchè l'uomo, da creatura nobile e capace di cose grandi qual è in verità, preferisce tuttavia la via più breve, quella più semplice, non accorgendosi che, in realtà, ci sono cose che vanno ben oltre la sua profondità d'azione.

E, come diceva Seneca, "Da un uomo grande c’è qualcosa da imparare anche quando tace."


[Modificato da Simplythebest79 15/03/2009 13:06]

"Tu regere imperio populos Romane memento, parcere subiectis et debellare superbos." Virgilio, Eneide

"Credere a tutto e dubitare di tutto sono due soluzioni ugualmente efficaci che ci dispensano, l'una come l'altra, dal riflettere." Jules Henry Poincarè

"La mente è come un paracadute: funziona solo se si apre." Albert Einstein
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